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mercoledì 10 novembre 2010

Bao

Sono molto legato a mio fratello. Sì insomma, magari non avremo 'sto dialogo, ma io negli anni ho sviluppato nei suoi confronti una certa devozione, quella che ti porta a pensare che qualsiasi cosa l'altro faccia sia sempre la migliore che si potesse fare in quel momento. Beh, diciamo quasi sempre. 
Insomma se non fosse stato per lui magari ora farei parte di quell'altra metà del mondo, quella che odia i Pink Floyd (che come è noto o ami o odi). Invece lui aveva una cassetta a nastro magnetico blu con le ruotine bianche e ci aveva registrato tutto Wish you where here. Una sera la misi per sbaglio nello stereo (aveva anche una bomba di stereo mio fratello) e quando udìi per la prima volta il possente accordo di Shine on you crazy diamond librarsi nell'aria la mia vita cambiò. Potere della musica.
Mio fratello era ed è un mattacchione. Un pomeriggio di piena estate, un anno che non ricordo, noi si era in vacanza. Lui studiava perito, io ero dai preti per quasi tutto l'anno e d'estate ovviamente ci si incrociava. Lui stava preparando la maturità. Andava a studiare a casa di mia nonna, poco lontano da noi, sulla strada per le fonti, sulla destra, prima del vecchio garage degli autobus SAB, accanto alla casa della zia Ermelina. Era una casa fantastica per giocarci. Sul davanti c'era un giardino delimitato da siepe con al centro un gran caco fertilissimo. L'ho sempre visto carico e arancione fino a scoppiare qual caco. Dietro c'era un gran prato a rive (le "sèe", come le chiamiamo dalle nostre parti) e in mezzo al prato c'era un gran noce e lo stallino col fieno di fianco. Caspita, una volta era tutto gran. Poi, meraviglia, c'era il pergolato un pò a fianco della casa, sul davanti, che dava sulla strada. Io non so perchè, ma per i pergolati ho sempre avuto una sorta di venerazione. E' come se avessero qualcosa di sacro. 
Dunque, mio fratello studiava là, sotto il pergolato, per star tranquillo. Perchè a casa nostra si sentiva il cane dei Durì che spaccava i coglioni tutto il santo giorno. Io allora andavo quotidianamente a trovare mio fratello.  Facevo cioè quello che faceva generalmente il cane. 
Bé, quel pomeriggio arrivo su con la mia graziella rossa e c'è dei fogli lì per terra, davanti al tavolo. Lui seduto che studia Me li raccogli? Io ovvio che solerte e tutto contento li raccolgo. E in quella mi arriva da sopra un improvviso uragano estivo in formato tascabile. Aveva sistemato una bacinella d'acqua sulle travette del pergolato e, complice una pratica cordicella fantasma, mi aveva gavettonato.  
Mio fratello era ed è un burlone.
In un altro di quegli afosi pomeriggi (chè l'afa arriva anche in Valle Imagna e non scherza, fa niente se c'è il Resegone a stoppare fiero la valle a nordovest) io e lui si beveva caffè. No della moka però. Quello solubile, che all'epoca era una figata, ti faceva sentire emancipato, moderno. Che schifo 'sto caffè - fa lui. E io sì, effettivamente faceva cagare. Giù zucchero. Giù zucchero. Ma che merda di caffè. Vabbè, l'ho bevuto quasi tutto. Mica ci metteva il sale quel bastardo?! E quello grosso pure. Al mio solo, ovviamente.
Mio fratello era ed è un mattacchione. E ci ha una fantasia notevole.
Periodicamente noi si tagliava erba, siepi, si rastrellava, si raccoglieva il tutto e si portava con la carretta "là in fondo" (o meglio, "fò 'nfunta"), da non confondere con "giù in fondo" (o meglio, "zo 'nfunta"). La localizzazione geografica e genericamente gli avverbi di luogo nel dialetto delle mie parti sono di una complessità e precisione svizzera. Meglio del GPS. Dove il forestiero individua vaghe similarità, il valdimagnino autoctono percepisce sottili e precise definizioni di orientamento che hanno del prodigioso. Così "là fò" significa "laggiù" ma "fò là fò" significa "proprio giù là!". E "fò gliò" significa "lì vicino ma non troppo", il che incarna splendidamente il costume delle mie parti di non dare troppa confidenza al birro.
Ad ogni modo, noi si portava l'erba là in fondo, ossia, si attraversava l'orto, si percorreva un breve sentiero nel bosco e si arrivava ad una piccola valletta laterale dove scaricavamo il taglio. Questo se si tagliava a monte della casa. Quando si tagliava a valle si portava invece "giù in fondo", sul ciglio del provinciale che dava sui gorghi del torrente Pettola.
Ma è "là in fondo" che divenne il luogo del terrore della mia infanzia.
Quando si andava a scaricare la carretta io seguivo e facevo il secondo. Non fosse mai che lasciassi mio fratello alla guida da solo nel bosco! Arrivati in fondo lui abbandonava a terra la carretta senza scaricarla, si irrigidiva, si girava piano e mi appariva trasformato. Aveva un occhio socchiuso e uno spalancato, i denti digrignanti di lato e la mandibola tesa dallo stesso e CHHHHHH...CHIIII SEEEIIII? COOSAAA VUOOOIIII...IOO SONOOO IL BAAAOOOOO!!! Io mi terrorizzavo di brutto e piagnucolavo Non sei il Bao, sei il Davide NOOOO NOOON SOONOOO IL DAAVIIDEEE, SOOONOOO IL BAAAOOOO io continuavo a piagnucolare spaventato ma non scappavo via. Ci avevo i coglioni io!
Poi mio fratello tornava normale, come se tornasse da una possessione momentanea. Non lo faceva sempre, solo a volte. E quindi ogni volta ero sul chi va là. Ma non scappavo mai. Chiedevo chi fosse il Bao, da dove venisse, come diamine facesse ad avere le stesse fattezze di mio fratello, solo un pò più brutto e coglione ma...niente.
Più avanti provai a fare io il Bao con mia sorella più piccola. Ma non era la stessa cosa.
Perchè sia quel che sia, mio fratello era ed è mio fratello. E il Bao esisteva ed esiste davvero!